Dissesto idrogeologico: un rischio diffuso
Il dissesto idrogeologico rappresenta una sfida visibile per l'Italia, con inondazioni ed esondazioni o fenomeni franosi che colpiscono ripetutamente varie regioni del nostro Paese.
Con l’espressione dissesto idrogeologico si intendono i processi di tipo morfologico che generano un degrado del suolo. Ma le azioni che causano questo degrado sono quasi del tutto di origine antropica. Varie attività umane innescano, infatti, i processi di degradazione del territorio che hanno poi conseguenze gravi soprattutto in corrispondenza di determinate condizioni meteorologiche.
Diverse cause, un responsabile: l’uomo
Scendendo più nel dettaglio delle attività umane alla base del dissesto idrogeologico, tra quelle che incidono maggiormente troviamo la cementificazione, la deforestazione e l’abusivismo edilizio. L'espansione urbana realizzata senza una corretta pianificazione, infatti, può compromettere la capacità del suolo di assorbire l'acqua, aumentando notevolmente il rischio di allagamenti.
Nel nostro articolo precedente abbiamo parlato delle responsabilità dell’urbanizzazione sempre più massiva sull’inquinamento atmosferico, ma anche il suolo è una delle vittime di questa espansione. L’abbandono dei terreni d’altura, ad esempio, così come la realizzazione di cave attraverso scavi imprudenti mettono fortemente a rischio la tenuta dei terreni. Per non parlare delle tecniche di estrazione di idrocarburi e acqua dal sottosuolo o quelle dell’agricoltura non ecosostenibile.
Se a queste premesse aggiungiamo l’influenza negativa dei cambiamenti climatici con i loro eventi meteorologici estremi (pensiamo ad esempio alle piogge improvvise, intense e brevi, che portano allo straripamento dei fiumi), riusciamo bene a immaginare l’entità di questa problematica e a comprendere fino a che punto e su quanti fronti l’uomo ne sia responsabile.
L’impatto sul territorio
Le conseguenze del dissesto idrogeologico naturalmente variano a seconda delle aree geografiche. Tra gli effetti più ricorrenti nel nostro Paese si annoverano frane ed esondazioni quando il dissesto è correlato anche a fenomeni distruttivi delle acque di superficie, ma anche alluvioni, sprofondamenti e trasporto di massa nelle regioni montane o collinari.
La superficie nazionale potenzialmente soggetta a frane e alluvioni è sensibilmente aumentata nel 2021 e quasi il 94% dei comuni italiani è a rischio dissesto secondo i dati dell’ultimo rapporto dell’ISPRA*. Come purtroppo sappiamo, tutto ciò ha pesanti ripercussioni in termini di vite umane, danni alle abitazioni e alle infrastrutture, impatto economico e di danneggiamento ambientale.
Anche i fiumi sono vittime dei rifiuti
A questo proposito, vogliamo momentaneamente soffermarci sulla qualità dell’acqua dei nostri fiumi, un aspetto meno noto e che forse non ha l’attenzione di molti finché non si verifichino eventi catastrofici. Su 12 fiumi italiani, il 35% circa degli oggetti dispersi in essi sono di plastica monouso. Non siamo noi a dirlo ma l’ISPRA, in seguito a un’attività di monitoraggio svolta in collaborazione con la Fondazione Sviluppo Sostenibile e Nauta srl.
Al termine di un anno di ricerca, durante il quale sono stati presi in esame i rifiuti galleggianti di grandezza maggiore di 2,5 cm sulle acque di 12 fiumi italiani, è emerso che ciò che più influenza la presenza di rifiuti dispersi negli ambienti fluviali deriva da insediamenti urbani e che la maggior parte di questi rifiuti deriva dalle attività legate alla produzione e al consumo di alimenti.
Secondo i dati riportati nel comunicato stampa dell’ISPRA, circa l’85% dei rifiuti avvistati è costituito da materiale plastico, il 5% circa da carta e il 3% da oggetti di metallo. Inoltre lo studio, condotto attraverso l’utilizzo di tracciatori di posizione, ha rilevato il trend del movimento di questi rifiuti nell’acqua, evidenziando come compiano spostamenti quasi sempre intermittenti e brevi e tendano ad accumularsi in svariate aree prima di arrivare al mare, con un forte effetto di intrappolamento lungo il corso del fiume.
Quali soluzioni adottare?
Se l’uomo è il principale responsabile del dissesto idrogeologico, può essere anche il primo e più potente attore del cambiamento, per prevenire e contenere il più possibile i suoi effetti distruttivi. La prevenzione è proprio l’arma più efficace e si può concretizzare in pianificazione sostenibile del territorio e delle aree urbane, preservazione delle zone naturali di drenaggio e sviluppo di infrastrutture all’avanguardia, in grado di resistere alle inondazioni.
Tuttavia la prevenzione richiede un cambio di mentalità, richiede una cultura rivolta alla sostenibilità e alla tutela, quella volontà di salvaguardare la Terra e il nostro futuro comune a cui spesso facciamo appello e che altrettanto spesso, però, resta dimenticata o sopita dalle consuetudini a cui siamo assuefatti.
Per affrontare il dissesto idrogeologico occorre una risposta integrata che coinvolga la comunità, le istituzioni e le politiche pubbliche. Noi facciamo la nostra parte, convinti che generare maggiore consapevolezza sia il primo passo, fondamentale, del percorso. Dobbiamo, tutti, adottare stili di vita più sostenibili e responsabili, solo così potremo sostenere con successo la sfida a cui tutta l’umanità è chiamata e proteggere il Pianeta.
*Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale